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Casa.

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I portoghesi hanno questa differenza: para casa e a casa. La prima indica una condizione permanente, indica un andare per restarci, mentre la seconda indica una situazione temporanea. Dopodomani torno a casa per cinque giorni, ma non so ancora decidere se mi sto allontanando da casa per andare in Italia, o se al mio ritorno lascerò casa per tornare a Lisbona. Lisbona non è ancora completamente casa mia, ma casa mia, quella dove sono cresciuta, non è più completamente casa mia.
I due Paesi si fanno guerra nel mio cuore, si fanno entrambi strada tra i miei pensieri e le mie abitudini, ma già so (e anche loro) che non ci sarà nessun vincitore.
Entrambe saranno il mio “posto davanti al camino” per ragioni diverse. Entrambe mi hanno formato e continuano a farlo in maniera impercettibile, ma continua.
E mi domando se quando tornerò vedrò le cose in modo diverso. Mi domando quale sarà la mia percezione, se quello che vedo mi starà ancora più stretto o se mi accorgerò di quanta nostalgia ho trattenuto.
Questo viaggio strapperà un po’ di veli, forzerà il confronto con quello che sto diventando, con le mie paure e con i miei atti di coraggio. Torno in Italia per cinque giorni, torno ai miei odori, i miei cibi, i miei luoghi per cinque giorni.

L’unica domanda a cui ancora non riesco a rispondere è: troverò ancora me stessa lì, in mezzo ai mattoncini di una vita?

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Verso le Hawaii e oltre.

hawaii

Sono molto oscillante per quanto riguarda la mia autostima. Mi spiego: ci sono giorni in cui accetto pacificamente lo specchio, e i trucchi diventano un accessorio simpatico e benevolo. Ci sono altri giorni, come stamattina, in cui distruggerei volentieri tutti gli specchi e il trucco diventa un’ imprescindibile fonte di salvezza, anche se mai perfetta. In giorni come questi sono convinta che la mia autostima sia partita per le Hawaii, con un biglietto di sola andata, senza un minimo preavviso. Qualcuno dice che sono gli ormoni, altri dicono che è l’età, altri ancora sostengono che sia una caratteristica tipica del genere femminile.
Sinceramente non ho ben chiaro cosa succeda sotto il mio strato di epidermide, ma giorni così sono una piaga. Una persona normale aspetterebbe che tutto ritornasse nella norma, andrebbe a farsi una passeggiata, o al massimo se ne starebbe a casa a guardare un film. Io no. Io andrò dal parrucchiere a farmi la frangia, sulla quale non sono mai stata troppo sicura, tra l’altro. E non sono sicura tuttora. Però voglio cambiare; poi nel caso me ne pentissi darò la colpa agli ormoni, al pre-ciclo, post-ciclo, all’inquinamento. Insomma, qualcosa si trova sempre.
Nel frattempo aspetto con un fazzoletto bianco che la mia autostima torni dalla sua vacanza, ché qua già abbiamo i problemi.

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Rewind. Stop.

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Ho un maglione fucsia addosso e uno smalto color pesca, i pantaloni del pigiama e uno strano sorriso addosso. Sgranocchio cioccolato, una tavoletta che ho trovato al mio ritorno sulla scrivania. Ah, le mamme. Oggi iniziano ufficialmente le mie vacanze, due settimane di tregua in compagnia di parenti, amici e sconosciuti mentre saremo tutti impegnati ad assaggiare questo o quell’altro, intenti a controllare in continuazione il cellulare.
Ho la schiena appoggiata al muro e ripenso ad oggi: alle chiacchiere in ascensore, quelle così personali che vorresti sprofondare e zittire l’amica dalla bocca larga, e invece lei continua, spiattellando tutto in quei due metri quadrati di ascensore. I quattro piani più lunghi della mia vita.
Penso a noi, che ci siamo persi nel calore degli abbracci come se dovessimo tutti partire per il fronte. Penso all’anno nuovo, senza pronostici, né programmi che non rispetterò.
Penso all’albero di Natale che c’è in città, venti metri di lucine aggrovigliate nella continua scalata verso il cielo. Penso alle pazzie, e vorrei tanto farne una.
Penso che nessuno ha il coraggio di dirsi niente, ma proprio niente. Tutti cuor di leone schivi, concentrati a non farsi male piuttosto che a vivere. E così passano i giorni colorati a metà, imbottiti d’ovatta, con i rumori sotto controllo.
In queste notti ho fatto degli incubi, mi sono svegliata con una tosse tremenda e la consapevolezza che avrei dimenticato tutto il giorno seguente. Ho la sensazione che il tempo stia scorrendo tremendamente lento.
Ho guardato troppo l’orologio. Sono stata ferma troppo tempo e mi porto questa settimana addosso come fosse un mese.
Ho bisogno di una notte. Il rumore delle risate e il tumulto del cuore. Il tempo che vola senza orologi, i tacchi che non fanno male, il rossetto che non sbava.
Rewind. Stop.

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